domenica 27 maggio 2012

Il foglietto in tasca

C’è quest’uomo seduto in treno di fronte a me. Non fa altro che estrarre un foglietto dalla tasca interna della giacca e appuntare qualcosa rapidamente. Dev’essere una parola. Forse un segno. Apparentemente a intervalli regolari. In realtà a volte ogni dieci minuti, altre ogni pochi secondi. Si accorge che non posso fare a meno di notarlo. Per cui gli chiedo per curiosità di che cosa si tratta.
Dice che segna una x ogni volta che pensa a una persona. La sera, prima di andare a dormire, ne fa il conto.
Vorrei sapere chi è questa persona a cui lui pensa a intermittenza. Mi legge la domanda negli occhi e mi dice senza che io apra bocca: “E’ una che mi ha lasciato.”
“Quante sono le x a fine giornata?” gli chiedo a questo punto, entrando in confidenza.
“All’inizio erano centinaia” mi dice lui con un’espressione del volto tra il sollievo e la disperazione. “Ora siamo sulle sessanta” aggiunge dopo qualche secondo di silenzio.
Mi verrebbe da chiedergli se ha un’obiettivo, ma sarebbe una domanda stupida. Però vorrei sapere se c’è una soglia sotto la quale smetterebbe di annotare tutte queste x.
“Voglio essere pronto” mi dice lui, di nuovo senza che io gli dica nulla. “Pronto in che senso?” chiedo.
“Se mai avrò modo di incontrarla e lei mi chiederà se la penso… le posso dire con esattezza quante volte al giorno appare nei miei pensieri”.
“E se l’incontra e lei non glielo domanda?” gli dico provocatoriamente.
“Non importa” dice lui “è una cosa che in fondo serve più a me e ogni sera fatto il conto butto via il foglietto.”

mercoledì 16 maggio 2012

Hastings

Quella sera a Hastings disteso sulla panchina all'angolo di Alfred Road attendevo sereno che un rumore di passi annunciasse la tua venuta. Con lo sguardo scorrevo un cielo nordico tra aghi di pino e osservavo trasognato l'orizzonte: una Manica fosca, l'isola immobile come un’immensa nave alla fonda nell’oceano calmissimo.
Fu il muso di un cane a spaventarmi. Me lo ritrovai a una spanna dal naso che fiutava incuriosito mentre il padrone cercava di trattenerlo strattonando il guinzaglio. Due ragazze in cerca di informazioni mi distolsero definitivamente da quella vista e da un’irripetibile stato di meraviglia.
Infine il tuo arrivo inatteso e la smorfia di disgusto segnata sul tuo viso per la pessima cena.

martedì 15 maggio 2012

Il turco in fiera

Parlo con Alessandro in fiera a Parigi quando si avvicina un cliente. Ci dice qualcosa in una lingua che non conosciamo. Io parlo sette lingue e Alessandro, di origine greca, trapiantato in Italia, almeno tre. Per cui assieme abbiamo a disposizione una decina di lingue. Gli chiediamo se si può spiegare in inglese, in francese. In spagnolo, russo, greco, polacco, portoghese, niente. Niente da fare. Capiamo che è turco. Ci chiede se parliamo turco. Alessandro e io ci guardiamo negli occhi con l’aria di pensare esattamente la stessa frase. Ma non la diciamo, anche se il nostro amico non l’avrebbe comunque capita.

lunedì 7 maggio 2012

Lo spettatore del 2000

Ti ho vista arrivare a piedi dal fondo di via Alberoni con lo spettatore del 2000 che ti seguiva un paio di metri alle tue spalle. Ricordo che affrettavi il passo col tuo tipico ondeggiare un po’ a destra e un po’ a sinistra, mentre lui pedalava lentamente su una vecchia bici guardando fisso a terra davanti a sé. Anche se aveva l’abitudine di importunare le ragazze è sempre stato innocuo. L’ho visto in azione una della prime volte ad un convegno cinematografico intitolato in maniera avveniristica “Lo spettatore del 2000”. Lui era in una delle prime file e durante il congresso non ha fatto altro che fissare una donna seduta dietro, dando le spalle all’oratore. Uno sguardo fisso, inespressivo, un po’ da pesce. Da allora lui per me è lo spettatore del 2000.
Mi serve a ricordare l’immagine di te che mi vieni incontro con l’aria scocciata, ma felice di vedermi.