venerdì 13 gennaio 2012

Il signor Slotwinski - IV

Dico a Michael che sono in Polonia per lavoro e mi fermo un paio di giorni a Cracovia. Lui studia, sta finendo l’università a Grenoble e l’estate prossima dovrebbe laurearsi in economia e commercio. E’ la prima volta che va in Ucraina. Approfitta del fatto che ha finito gli esami e prima di mettersi a preparare la tesi si concede un mese di vacanza. Chissà, mi  dice, se mi piace l’Ucraina magari non torno neanche più a casa, non mi laureo più, non mi faccio più vedere dalle mie parti. E’ ubriaco.
Sempre più esaltato inizia a cantare l’inno nazionale francese e improvvisa una marcetta restando fermo su se stesso. Mi chiede poi di cantare l’inno nazionale italiano. Accenno le prime due strofe ma poi gli chiedo di lasciare perdere. Michael quindi chiede alla ragazza polacca di cantare l’inno del suo paese, ma lei dice che non lo sa. Allora propongo di cantare assieme l’inno sovietico del quale conosco solo l’incipit e la musica e spontaneamente senza metterci d’accordo iniziamo a cantare in coro e assumiamo un atteggiamento ironicamente pomposo come se fossimo a una parata militare. In breve tempo ci mettiamo tutti a ridere e a fare un altro brindisi.
Il treno rallenta. Intravedo fuori dal finestrino le luci di una città e le scritte della stazione di Cracovia. Trovo che queste due o tre ore di viaggio siano trascorse troppo rapidamente e allo stesso tempo mi dico che se proseguissi il viaggio mi ritroverei ubriaco fradicio molto prima del confine con l’Ucraina.
Devo prepararmi a scendere. Una ressa di persone si accalca sul nostro pianerottolo. Saluto Michael con una stretta di mano. Saluto la ragazza con uno sguardo.
Quando esco dal treno mi ritrovo sulla piattaforma tra la folla senza rendermi conto di come ho fatto a scendere gli scalini della carrozza. Tra i fumi della vodka mi ricordo che non ho neanche chiesto il nome alla ragazza, non so come si chiama. La osservo, mentre lei mi guarda ancora in piedi sul pianerottolo. Ha degli occhi scuri, curiosi, ma apparentemente privi di domande. E’ bella e me ne accorgo solo adesso.

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