Sono in bici. Mi dirigo in fretta verso l'ufficio di collocamento. Davanti alla Rocca Brancaleone un ragazzo mi fa cenno di fermarmi. È sulla trentina, forse trentacinque anni. Indossa uno strano cappello di cuoio dalla forma cinese, a cono largo rovesciato. In mano ha una macchina fotografica da poco, di quelle che sembrano un giocattolo. Ha un aspetto trasandato, la barba incolta, un paio di occhiali dalle lenti spesse. È senz'altro un turista, forse un turista straniero.
Attraverso la strada e mi avvicino a lui intuendo la sua intenzione. Vuole che lo fotografi con la Rocca sullo sfondo.
Ha un accento meridionale, ma dalle poche parole che ci scambiamo non riesco a capire se è pugliese o napoletano. Mi chiede di fotografarlo anche a mezzo busto, non importa se nell'inquadratura non ci sta tutto, l'importante è che nella foto appaia la Rocca sullo sfondo.
Ha un accento meridionale, ma dalle poche parole che ci scambiamo non riesco a capire se è pugliese o napoletano. Mi chiede di fotografarlo anche a mezzo busto, non importa se nell'inquadratura non ci sta tutto, l'importante è che nella foto appaia la Rocca sullo sfondo.
Prendo in mano la macchina fotografica. È leggera, nera, col pulsante per lo scatto cromato leggermente in rilievo. Lui è pronto, in piedi, quasi appoggiato ad un'auto parcheggiata sul lato della strada. Nell'inquadratura c'è lui dalla vita in su sulla sinistra. Dietro, i fili della luce, qualche auto parcheggiata e la lunga parete della Rocca che occupa tutto lo sfondo. Sulla parete del bastione d'ingresso spicca il manifesto bianco in cui è scritto a caratteri cubitali Rocca Cinema.
Non sorride.
Non sorride.
Attende lo scatto strizzando gli occhi per l’intensa luce.
Scatto.
Scatto.
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