Ogni volta che lo incontro mi chiama con un nome diverso. Abita dalle mie parti e se lo incrocio di ritorno dal centro mi saluta sempre volentieri. Ha l’aria di uno indaffarato, una cartella in mano di quelle scure, leggere, una sporta della spesa, un paio di libri.
Tempo fa gli ho prestato una grammatica di lingua russa, il Pulkina breve. Mi sono ripromesso di ricordarglielo e di richiedergli indietro il libro, ma alla fine ho lasciato perdere. Penso che lui non si ricordi e anche se si ricordasse non mi sembrerebbe il caso di chiederglielo. E’ un libro che in fondo non leggerei più.
Lui ogni volta mi chiama con un nome diverso, non ha importanza quale. Probabilmente lui stesso non se lo ricorda. Forse si aspetta che io lo corregga, ma non lo correggo.
Ora che ci penso qualche anno fa mi ha chiesto di fargli una telefonata a Pietroburgo. Mi ha accompagnato in un appartamento vicino alla stazione, ha composto il numero che aveva scritto su un biglietto spiegazzato e mi ha chiesto di salutargli una ragazza. Ma quel numero di telefono suonava a vuoto. Nonostante vari tentativi, dall’altra parte non rispondeva nessuno.
Mi chiedo inutilmente se in seguito ha riprovato lui da solo.
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