Lui parte. Prende un aereo. Sono una di fronte all’altro, con una parete di vetro alta fino al soffitto che li divide. Di qua le persone che accompagnano e restano. Di là quelle che entrano per il controllo bagagli.
Madrid, Terminal 4.
Si fanno dei segni. Il vetro a pochi centimetri dalle loro bocche si appanna leggermente. Lei, che resta, lo chiama al cellulare. Lui sorride, dice due parole guardandola fissa negli occhi e mette giù. Quindi l’ultimo saluto. Se ne va.
Lei lo segue con lo sguardo, osserva attentamente senza distogliere gli occhi, non lo molla. Ha tutta l’aria di sperare che lui si volti, di chiedersi se lui si volta, di scommettere che lui si volta.
Il ragazzo si allontana di spalle trascinandosi il trolley. Scompare inghiottito dalle scale mobili. Lei si alza sulla punta dei piedi per constatare se possibile che lui all’ultimo momento si volti e la saluti. Ma non si volta.
Ora lei sembra indispettita. Se ne va con un passo deciso. Si accende una sigaretta e prende di nuovo in mano il cellulare. Forse gli scrive: perché non ti sei voltato? Sai pensavo che ti saresti voltato. Mi sono detta: se si volta lo rivedo.
Chissà, forse manda un messaggio a qualcun altro.
Evito sempre di accompagnare chi parte dentro una stazione o in aeroporto. Non mi piacciono gli addii.
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