“Giudico un libro dal finale, dalla conclusione” dice lei.
C'è una coppia seduta al tavolo di fianco a me in un ristorante semivuoto. In tutto ci sono due tavoli occupati, il loro e il mio. Sono solo. Arriva qualche rumore sordo dalla cucina. Nessuna musica di sottofondo a drammatizzare o alleggerire la scena. Fortunatamente non c’è nemmeno nessun televisore acceso a blaterare fatti di cronaca o partite di calcio già giocate.
Devono avere litigato. Lei ha un’aria tesa, gli occhi vicini alle lacrime. Lui, quasi di spalle rispetto a me, da quel poco che riesco a vedere e a capire mi sembra impassibile.
“A me non piacciono i libri che finiscono con una conclusione” dice lui.
Silenzio.
"L’unica conclusione che conosco è la morte", prosegue lui dopo una pausa che mi è sembrata infinita, "per questo preferisco le storie a finale aperto, che restano in sospeso. Non credo nemmeno nel lieto fine che vedi in molti film: il lieto fine è comunque qualcosa di provvisorio, di temporaneo”.
Silenzio.
"L’unica conclusione che conosco è la morte", prosegue lui dopo una pausa che mi è sembrata infinita, "per questo preferisco le storie a finale aperto, che restano in sospeso. Non credo nemmeno nel lieto fine che vedi in molti film: il lieto fine è comunque qualcosa di provvisorio, di temporaneo”.
D’istinto vorrei consolare lei. Ma non posso che dare ragione a lui. Potessi intervenire direi provocatorio che tutti i film mielosi o le commedie sentimentali finiscono proprio nel momento in cui i due si ritrovano, si mettono assieme, si sposano: chiudono lì, non ti fanno vedere il seguito. “E vissero felici e contenti” è sempre una chiusura fittizia, momentanea, illusoria. Parliamoci chiaro: non c’è niente che finisce, niente che si conclude. Quando si arriva a un apice di felicità il film termina sbrigativo e mettono i titoli di coda.
Li guardo e mi chiedo a che punto sono della loro storia, del loro film. E così, senza farmi altre domande entro in scena: mi alzo dal tavolo, mi avvicino a loro e dico: “Chiedo scusa, non mi piace cenare da solo, posso sedermi qui con voi?”.
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